già proiettato alla prossima impresa
Lui ha sempre dichiarato che il soprannome ‘Caimano del Po’ era stata una mia idea dopo una sua impresa natatoria nelle acque del fiume Nilo in Egitto. Maurizio Cozzoli lo aveva ripetuto anche qualche giorno prima della vigilia di Natale quando ci eravamo trovati per caso a fare un aperitivo al bar ‘Carasi’ vicino a piazza Castello. Lui con i soci del Lions Cremona Lido Po, io con i miei vecchi amici di scuola. In effetti non mi sento di avere del tutto il copyright di quell’appellativo, ma condivido questa idea con Antonio Leoni, allora mio direttore a <+S CORSIVO>Mondo Padano <+S TONDO>negli anni Ottanta. Maurizio venne in redazione per raccontare la sua impresa nel Nilo (una delle tante) e io gli dissi «Allora hai nuotato in mezzo ai coccodrilli?». Lui mi rispose che nel Nilo c’erano i caimani (in effetti in quel fiume ci sono i coccodrilli) e che comunque durante la nuotata ne aveva sfiorati un paio. A quel punto io e Leoni ci guardammo e quasi in sintonia battezzammo Maurizio Cozzoli come il ‘Caimano del Po’. Da quel momento sui giornali e nell’immaginario collettivo tutti lo hanno chiamato in quel modo.
Non avrei mai immaginato di ricevere la notizia della sua scomparsa una decina di giorni dopo quell’incontro al bar. Mi era sembrato come sempre positivo e brillante, pieno di entusiasmo e già proiettato alla prossima impresa. «Ho in mente - aveva detto - di portare un segno di pace nelle acque del Medio Oriente. Non so se ci riuscirò ma voglio provarci». Come sempre determinato, come sempre pronto ad una sfida impossibile, come sempre carico a mille. Una sfida anche alla sua salute, minata da un diabete aggressivo che gli aveva tolto l’uso di un piede. Ma il ‘caimano’ non si fermava di fronte a nulla, il coraggio e un po’ di incoscienza lo spingevano anche oltre i limiti. Lui era fiero delle sue imprese, mi aveva chiamato subito dopo avere ricevuto l’onorificenza di ‘Cavaliere di San Marco’ dal Doge di Venezia. Ovunque portava il nome di Cremona, abbinando spesso l’impresa ad una finalità benefica. Maurizio non cercava di battere i record ma voleva superare sè stesso, andare oltre. Io e lui siamo stati amici da almeno sessant’anni, dai tempi delle gare di nuoto (lui per la Baldesio, io per la Bissolati) al periodo della scuola. E poi nelle tantissime occasioni in cui lo sport ci ha fatti ritrovare. A quei tempi lo chiamavano ‘Mao’, per me è sempre stato solo Maurizio. Quando sono andato a portargli l’ultimo saluto alla camera ardente dell’Ospedale Maggiore l’ho trovato sereno come sempre. Pronto ad affrontare con coraggio anche l’ultima sfida.
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