Il terrore, i contagi, i decessi, l’emergenza, il lockdown. La socialità come un film appassionante messo bruscamente in pausa. E poi la luce. Da lì, un percorso di rinascita da quello che forse è stato il periodo economicamente, socialmente e psicologicamente più impattante del nuovo millennio. Sono passati cinque anni dall’arrivo – inaspettato e devastante – del Covid-19. Questo tragico evento, ormai lontano, ma sempre vicinissimo nei ricordi di ognuno di noi, cosa ha lasciato nelle nostre menti, nei nostri vissuti, nei nostri rapporti? Ce lo spiega la psicologa e psicoterapeuta Anna Bandera.
Dottoressa, quali sono i principali strascichi lasciati dalla pandemia?
«Sicuramente ho notato un incremento degli accessi e delle richieste di consulenza, in termini di sostegno psicologico e di psicoterapia. Il target più colpito è quello dell’età evolutiva, in particolare gli adolescenti, ma anche adulti e coppie. Queste sono uscite piuttosto male dalla pandemia e dalla condizione di convivenza forzata, che ha creato molte fragilità. Così come per i ragazzi, gravemente danneggiati da quello che hanno attraversato in quei momenti, sia dal punto di vista dell’apprendimento, ma anche della salute mentale. Ci sono state, infatti, tante richieste relative a comportamenti di tipo ansioso-depressivo.
Generalmente, c’è stato un peggioramento nelle relazioni interpersonali, con ragazze e ragazzi che hanno visto incrementare la socialità online e che hanno faticato a ricostruirsi una vita sociale dal vivo. Ma questo riguarda, in qualche modo, anche adulti e giovani adulti. Insomma, il contesto sociale ne è uscito fortemente debilitato». ...
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