Sono già trascorsi vent’anni, eppure sembra ieri. Era l’8 agosto del 2005, una calda sera d’estate, quando il sommergibile Toti, al tramonto, iniziava un viaggio epico per approdare alla sua ultima destinazione, il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, diventandone in seguito la principale attrazione.
Epico e tecnicamente molto complesso, perché trasportare un bestione di quasi 50 metri di lunghezza e 375 tonnellate di peso fino alla metropoli lombarda non è stato uno scherzo. Per noi cronisti che lo abbiamo accompagnato nel suo ultimo viaggio, come per i milanesi che hanno affollato le vie della città ammirando i passaggi radenti fra i palazzi, uno spettacolo eccezionale. Che emozione vederlo varcare l’ingresso del museo alle 6 del mattino del 14 agosto. Ci eravamo affezionati a quello squalo d’acciaio: il Toti era arrivato il 6 maggio 2001 dopo un viaggio altrettanto straordinario. Terminata la propria vita operativa, il sommergibile era rimasto presso la base navale di Augusta, in Sicilia. Da lì, il 4 aprile 2001, era partito, trainato dal rimorchiatore Polifemo. Il 20 aprile arrivò a Chioggia dove resterà fino al 29 aprile.
Quindi la partenza per Cremona, dove giunge il 6 maggio. Un giorno indimenticabile: migliaia di persone sulle rive del Po, incredule di fronte a uno spettacolo mai visto prima - il battello affiancato da due imbarcazioni, perché non era dotato di propulsione autonoma - decine di giornalisti, gli elicotteri delle tv intenti a riprendere il momento cruciale. Quindi, l’ingresso nel porto, dove rimarrà per quattro anni, una presenza familiare, ammirato e visitato da tanta gente. Anche Cremona, per un certo tempo, accarezzò l’idea di tenerlo per sè e di farne la star di un museo fluviale. Per me è stato anche un amico, a tal punto da farne il protagonista della tesina che presentai a Roma, nel luglio del 2003, quando superai l’esame di Stato per diventare professionista.
Quando sono tornato a Milano e l’ho rivisto, tirato a lucido, ammirato dai visitatori e accudito dal personale del museo, ho capito che il suo posto era lì: meritava un palcoscenico all’altezza della sua storia e del suo nome.
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